Università Popolare per la formazione dei comunisti
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Bisogna distinguere leggi universali e leggi particolari della guerra
popolare rivoluzionaria di lunga durata
In numero crescente partiti
e organizzazioni comuniste, da un angolo all'altro del mondo, stanno adottando
consapevolmente la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga
durata per guidare la rivoluzione socialista o la rivoluzione di nuova
democrazia. La situazione rivoluzionaria si sviluppa in tutti i paesi e a
livello internazionale, seppure in modo diseguale. La borghesia imperialista
conduce contro le masse popolari in ogni angolo del mondo, una guerra non
dichiarata di sterminio che colpisce direttamente e brutalmente centinaia di
milioni di uomini e donne. In questo contesto migliaia di comunisti si
interrogano sulla via da prendere per guidare le masse popolari a far fronte
efficacemente alla borghesia imperialista, a farla finita con l'attuale
ordinamento della società, a instaurare il socialismo. L'eredità della prima
ondata della rivoluzione proletaria è un fattore importante ed esercita in
mille modi la sua influenza. Un numero crescente di comunisti prende quindi la
strada della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPR di LD). La
teoria GPR di LD è uno dei principali apporti di Mao al pensiero comunista
(vedasi in proposito La Voce
n. 10 L'ottava discriminante pag. 19 e segg. e La Voce n. 12 pag. 56). L'adozione
della GPR di LD come strategia universale per la rivoluzione proletaria, sia per la rivoluzione
socialista nei paesi imperialisti sia per la rivoluzione di nuova democrazia
nei paesi semifeudali e semicoloniali, si impone tramite una lotta ideologica
accanita per l'adozione del marxismo-leninismo-maoismo come base ideologica dei
nuovi partiti comunisti. In questa lotta i comunisti chiudono i conti con i
revisionisti moderni che si sono aperti negli anni '50, ma ancora più
specificamente fanno i conti con i dogmatici che hanno per anni limitato lo
sviluppo del movimento antirevisionista dei marxisti-leninisti sorto negli anni
'60. Infatti nel movimento m-l si è svolta una lunga e tortuosa lotta per
l'affermazione del maoismo. Alcuni compagni e organismi, furbescamente o
ingenuamente, lo nascondono: presentano l'adozione della denominazione
marxismo-leninismo-maoismo come un semplice cambio di denominazione che viene
appiccicato al contenuto che resta lo stesso degli anni '60 e '70.
Il
Comitato del Movimento Rivoluzionario Internazionalista (MRI) nel 1998 ha
ristampato la Dichiarazione costitutiva del 1984 cambiando nel testo m-l con
m-l-m: è un modo di non cambiare la vecchia mercanzia cambiando l'insegna. Per
lunghi anni i marxisti-leninisti hanno concepito la lotta contro il
revisionismo moderno sostanzialmente come restaurazione dei principi (conquista
rivoluzionaria del potere, direzione della classe operaia, dittatura del
proletariato) che i revisionisti moderni avevano dichiarato superati. Essi non
capivano che il revisionismo moderno era riuscito a imporsi nel movimento
comunista (la destra aveva sopraffatto la sinistra) grazie ai limiti della
sinistra nel vecchio movimento comunista. Si trattava degli stessi limiti che
avevano fatto sì che la prima ondata della rivoluzione proletaria non arrivasse
a instaurare il socialismo in nessuno dei paesi imperialisti. Il maoismo è, in
sintesi, il superamento di quei limiti. Ancora oggi nel movimento comunista ci
sono partiti che si dichiarano marxisti-leninisti nel senso che ignorano il
maoismo o si oppongono all'adozione del maoismo come terza superiore tappa del
pensiero comunista. Ma vi sono anche partiti che si dichiarano
marxisti-leninisti-maoisti a denti stretti, attenuano l'apporto universale al
pensiero comunista costituito dal maoismo, inalberano il m-l-m come un'insegna
nuova, ma non hanno ancora nemmeno indicato chiaramente quali sono i principali
apporti universali del maoismo al pensiero comunista (al modo in cui Stalin, al
contrario di essi, indicò i principali apporti di Lenin al pensiero comunista
nei Principi del leninismo, 1924). Per questo va dato atto al Partito
comunista del Perù e al suo dirigente, il Presidente Gonzalo dal 1992 nelle
mani dei manutengoli peruviani dell'imperialismo, di aver fortemente
contribuito ad affermare in tutto il mondo la tesi che il maoismo è la terza
superiore tappa del pensiero comunista e a mostrare gli apporti nuovi che esso
dà al movimento comunista.
La
lotta circa la strategia della rivoluzione in definitiva è anche la lotta sul
bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria. In questa lotta i
comunisti si distinguono sempre più nettamente sia dai
revisionisti-opportunisti di destra (in un modo o nell'altro, più o meno
apertamente sostenitori della "via pacifica e democratica al socialismo")
sia dai comunisti dogmatici (sostenitori più o meno convinti di un lavoro
legalitario oggi, in vista dell'insurrezione domani). C'è però un proverbio che
dice: "Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io". Anche
nella lotta a proposito della GPR di LD oltre ai revisionisti-opportunisti di
destra e ai comunisti dogmatici che, entrambi, si oppongono apertamente alla
GPR di LD, vi è una terza corrente che nuoce non poco alla causa dell'adozione
della GPR di LD come strategia universale della rivoluzione proletaria. È
costituita da quei sostenitori della GPR di LD che non distinguono tra leggi
universali della GPR di LD e le leggi particolari della GPR di LD specifiche di
ogni singolo paese, legate alle sue specifiche condizioni: i dogmatici della
GPR di LD. Quindi quelli che lottano per far valere la GPR di LD come strategia
universale della rivoluzione proletaria e quelli che vogliono adottarla per
fare la rivoluzione nel proprio paese, e tra essi concretamente noi comunisti
italiani, abbiamo a che fare con tre distinti fronti di lotta ideologica: 1. i
revisionisti-opportunisti di destra, 2. i comunisti dogmatici
dell'insurrezione, 3. i comunisti dogmatici della GPR di LD che non distinguono
tra universale e particolare.
1.
I revisionisti-opportunisti di destra continuano la tradizione dei revisionisti
moderni, benché la pratica abbia oramai dimostrato il carattere borghese e
fallimentare delle loro concezioni e linee. i fattori che li rendono
politicamente importanti, i loro punti di forza, sono due: 1. il sostegno della
borghesia e 2. l'opportunismo ingenuo e spontaneo di quella parte delle masse
popolari che è appena entrata nella lotta politica ed è ancora influenzata
ideologicamente dalla borghesia, crede ancora che sia possibile migliorare la
società borghese anziché rovesciarla. Quanto all'influenza della borghesia, è
impossibile eliminarla una volta per tutte finché esiste la borghesia. Quindi
bisogna costantemente combatterla, contenerla, rintuzzarla con iniziative
appropriate alle varie situazioni: lo smascheramento, la denuncia, la
confutazione, l'espulsione dalle nostre fila dei suoi portatori irriducibili e
degli infiltrati. Quindi con la lotta ideologica, con la propaganda e con
misure organizzative. Quanto all'opportunismo ingenuo e spontaneo di una parte
delle masse popolari, la via maestra per correggerlo è l'esperienza pratica
diretta delle stesse masse popolari assistita dal partito. Bisogna da una parte
indicare chiaramente e praticare la via della lotta rivoluzionaria, il partito deve
inalberare, propagandare e praticare la sua linea avanzata: senza questo, di
per sé, l'esperienza non porta a un progresso. Dall'altra il partito non deve
staccarsi nemmeno da questa parte arretrata delle masse. Al contrario deve
guidarla nelle sue esperienze pratiche di lotta e di organizzazione. La
sconfitta in questo caso è la premessa della vittoria, sei comunisti indicano
la strada giusta. Noi comunisti non dobbiamo abbandonare le masse arretrate
alla borghesia, lasciare che siano i suoi preti e i suoi agenti riformisti ad
organizzarle. Dobbiamo prendere noi in mano la loro mobilitazione per modesti
che siano i loro obiettivi e portarle di esperienza in esperienza fino ad
aderire alla rivoluzione. La lotta e la sua sconfitta insegneranno loro, e in
modo particolarmente rapido ed efficace ai membri delle classi più oppresse e
sfruttate e tanto più efficacemente quanto più noi comunisti saremo stati
presenti e attivi, che è impossibile migliorare la società borghese, indurre
con le buone la borghesia a rispettare gli interessi e nemmeno i diritti già
acquisiti delle masse popolari. L'arretratezza delle masse non è mai una buona
giustificazione dell'assenza del partito: un partito è tanto più avanzato,
quanto più è capace di mobilitare e portare alla rivoluzione anche le masse più
arretrate (linea di massa).
2.
Quanto ai comunisti dogmatici dell'insurrezione, oramai essi non avranno più un
ruolo importante tra le masse popolari. Tuttavia essi distolgono ancora un
certo numero di comunisti dalla rivoluzione perché hanno avuto una grande
importanza politica (negativa) fino agli anni `70. Allora essi comprendevano
gran parte della sinistra dei vecchi partiti comunisti: quella sinistra che
proprio per il suo dogmatismo non seppe far fronte ai revisionisti moderni e
impedire che prendessero la direzione dei rispettivi partiti comunisti. Essi
erano favorevoli alla rivoluzione, erano sinceri rivoluzionari, ma non
ricavavano le lezioni che la pratica del movimento comunista dava a tutti i
comunisti. Il loro antirevisionismo dogmatico ha grandemente nuociuto al
movimento marxista-leninista, di cui alcuni di essi facevano parte. La rottura
con il loro dogmatismo è l'affermazione del maoismo come terza superiore tappa
del pensiero comunista. La contraddizione tra i maoisti e questi dogmatici era
ed è prevalentemente una contraddizione tra il nuovo e il vecchio, tra il vero
e il falso. Non è direttamente una contraddizione di classe, benché la
borghesia quando non ha di meglio li sostenga per disturbare i veri comunisti.
Quanto alla strategia rivoluzionaria, essi e i loro epigoni non recepiscono la
lezione che già Engels aveva ricavato dall'esperienza del movimento comunista e
in particolare della Comune di Parigi (1871) e sintetizzata nella Introduzione
del 1895 della ristampa dell'opuscolo di Marx Lotte di classe in Francia 1848-1850 (vedasi in proposito l'opuscolo CARC, F. Engels: 10, 100, 1000 CARC per la
ricostruzione del partito comunista). Essi non hanno una
visione dialettica della rivoluzione. Dividono schematicamente l'una dall'altra
le varie fasi della rivoluzione, non vedono la loro connessione. Non vedono che
una fase trapassa nell'altra e tantomeno vedono come trapassa. Non vedono
quindi che occorre condurre ogni fase in modo che essa ad un certo punto si
trasformi nella successiva. Quindi ogni fase è da subito "segnata" da
questo suo destino. Secondo loro invece il passaggio da una fase alla
successiva "cade dal cielo", avviene per caso, oppure avviene per
decisione arbitraria e soggettiva. Manca insomma nella loro concezione il
passaggio da una fase all'altra per sviluppo quantitativo della prima fino al
salto di qualità che quello stesso sviluppo quantitativo determina. Molti di
essi aspettano l'insurrezione (attendismo). Altri si affidano a iniziative
avventuriste (militarismo o putchismo).
Secondo
loro l'accumulazione delle forze rivoluzionarie dovrebbe essere frutto di un
lavoro condotto completamente nella legalità, nell'ambito dell'ordine e sotto
il potere della borghesia. A meno che la borghesia stessa interdica il partito
comunista. E già qui è evidente la debolezza del loro ragionamento. È forse per
caso che la borghesia in molti paesi nel secolo scorso ha interdetto il partito
comunista? Che origini ha questo fatto e che lezione tirano da esso? Non è per
le stesse ragioni inevitabile che lo interdica ancora o impedisca la sua
costruzione a meno che esso si pieghi alle sue condizioni? Cosa fa il partito
comunista quando la borghesia lo interdice? Non conviene alla causa del
comunismo che il partito preceda la decisione della borghesia? Sono i
lavoratori avanzati così stupidi da non capire che è giusto che il partito
comunista preceda la borghesia? Avevano avuto una linea giusta i partiti comunisti
italiano e tedesco che si condussero in modo che i rispettivi segretari
(Antonio Gramsci nel 1926 ed Ernest Thälmann nel 1933) furono arrestati e poi
eliminati? È un caso che nessuna rivoluzione socialista vittoriosa si è mai
svolta nel modo in cui secondo loro dovrebbe svolgersi ogni rivoluzione
socialista, benché vari partiti della prima Internazionale Comunista abbiano
cercato di seguire la linea che essi ancora propongono? I dogmatici
naturalmente non danno risposta a queste domande. Se le cercassero,
smetterebbero di essere dogmatici.
Essi
in generale si distinguono dai revisionisti-opportunisti per la concezione che
professano e per la propaganda che fanno, per le parole d'ordine che agitano.
Cioè si distinguono sul terreno soggettivo, ideale, delle aspirazioni. Ma sul
terreno dell'azione i dogmatici si distinguono dai revisionisti-opportunisti
solo, nel migliore dei casi ma non sempre, per la radicalità degli obiettivi e
dei metodi di lotta: sono meno accomodanti con la borghesia e tirano di più la
corda. Non a caso però nel passato Pietro Secchia poté convivere fino alla fine
dei suoi giorni (1973) nello stesso partito con Giorgio Amendola e Palmiro
Togliatti. A differenza (ma non sempre) dei revisionisti-opportunisti alcuni di
essi elevano a principio rivoluzionario il rifiuto di guidare le masse popolari
a intervenire nelle elezioni, nelle attività parlamentari e in generale
nell'attività politica della borghesia (astensionismo). Con questa e con altre
parole d'ordine estremiste cercano di distinguersi dai
revisionisti-opportunisti di destra.
Quanto
al passaggio alla fase successiva, all'insurrezione, alcuni di essi contano che
"prima o poi" ci sarà un'esplosione del movimento di massa
(un'insurrezione) e cadono nell'attendismo. Altri contano di provocarla loro
stessi con un'iniziativa insurrezionale. Questi considerano come una Bibbia il
penoso libro L'insurrezione di Neuberg, redatto da una commissione
dell'Armata Rossa sovietica su incarico della prima Internazionale Comunista.
Questo libro descrive una serie di tentativi di colpi di mano e di iniziative
insurrezionali fallite. Alcuni a detta degli stessi autori falliti per motivi
banali, in realtà a conferma di quanto erano slegati dal movimento di massa.
Essi non considerano l'insurrezione per quello che è stata in tutte le
rivoluzioni proletarie vittoriose: un momento di una guerra più vasta. La
isolano dal prima e dal dopo e così l'affidano o alla spontaneità delle masse
(l'esplosione del loro malcontento) o all'una o all'altra iniziativa più o meno
azzeccata del partito comunista o dei suoi capi geniali, la cui sorte dipende,
come seriamente osa dire Neuberg, dalla puntualità degli operatori, dalla
sincronizzazione degli orologi, dalla rigorosa osservanza del segreto e da
altri accidenti simili. È chiaro a ogni persona che riflette che la riuscita di
una singola e concreta operazione tattica militare dipende certamente da
fattori quali quelli indicati. Ma è del tutto fuori strada sostenere che lo
sviluppo o meno di un movimento rivoluzionario che per sua natura ha come
protagoniste le larghe masse dipende da una singola operazione tattica. Pensate
all'Insurrezione d'Ottobre (1917): due importanti dirigenti dei bolscevichi
(Kamenev e Zinoviev) denunciarono pubblicamente i preparativi dell'insurrezione,
ma l'insurrezione avvenne lo stesso e con successo. Pensate anche alla
Resistenza: non ci sarebbe forse stata se una o qualche operazione militare,
anche di quelle iniziali, fosse andata storta? In realtà varie singole
operazioni militari andarono storte, ma la Resistenza si sviluppò egualmente.
In conclusione, i dogmatici non capiscono che è il giusto lavoro attuale dei
comunisti che, crescendo quantitativamente, giunto ad un certo livello di
sviluppo determina e deve determinare un salto di qualità, l'ingresso in una
nuova fase. Se il partito rifiuta di compiere il salto, anche il lavoro già
fatto degenera: così è più volte avvenuto nel corso della prima ondata della
rivoluzione proletaria, proprio perché molti partiti comunisti non
padroneggiavano la teoria della GPR di LD. Quando il salto qualitativo avviene
o è pronto, in generale i dogmatici infatti sono impreparati, sono colti alla
sprovvista, non sanno cosa fare, si dividono tra varie soluzioni.
3.
Quanto ai dogmatici che non distinguono tra universale e particolare, essi sono
oggi uno dei poli delle contraddizioni nel movimento
marxista-leninista-maoista. La contraddizione in particolare divide il
Movimento rivoluzionario internazionalista (MRI). La concezione dogmatica della
GPR di LD è ancora oggi un serio ostacolo alla sua applicazione nei paesi
imperialisti, dato che non esiste ancora una dimostrazione pratica di
conclusione vittoriosa in un paese imperialista di una rivoluzione socialista
condotta coscientemente come GPR di LD. Un esempio pratico si imporrebbe anche
ai dogmatici che siano sinceramente rivoluzionari. Rifiutando di combinare le
verità universali con le verità particolari, essi presentano la GPR di LD in
una forma che è impraticabile. Chi condivide simile concezione o è costretto ad
arrendersi di fronte all'evidenza dell'impossibilità di condurre una simile GPR
di LD, o si vota a tentativi fallimentari che sono usati dagli oppositori della
strategia della GPR di LD come "dimostrazione" che la GPR di LD è
impraticabile. Alcuni compagni dogmaticamente considerano universali le leggi
che la GPR di LD ha seguito con successo nel loro paese, scambiano cioè il
particolare con l'universale. L'errore più diffuso è assumere come universali,
cioè valide anche per i paesi imperialisti, le leggi seguite dalla GPR di LD in
paesi semifeudali e semicoloniali, volerle seguire anche nei paesi
imperialisti, non cercare le leggi specifiche della GPR di LD nel proprio
paese. "Ogni verità è concreta", cioè ogni affermazione è vera solo
in relazione a determinate circostanze di tempo e luogo, a determinate
condizioni, anche quando esse non vengono specificate perché sono sottintese,
implicite nella situazione in cui quella verità viene enunciata. La GPR di LD è
stata teorizzata da Mao Tse-tung sulla base dell'esperienza di un concreto
grande paese semifeudale e semicoloniale, dominato da potenze imperialiste in
lotta tra loro, la Cina. Mao Tse-tung non si è occupato di fare una sistematica
distinzione tra leggi universali della GPR di LD e leggi specifiche della GPR
di LD in Cina.(1) Così come Lenin non si era occupato di fare una sistematica
distinzione tra quanto di universale e quanto di specificamente russo vi era
nella linea seguita dal suo partito. Egli tuttavia nell'ambito della prima IC,
alla cui creazione e alla cui attività fino al 1922 partecipò attivamente,
dichiarò più volte che i comunisti degli altri paesi non dovevano seguire
pedissequamente l'esperienza russa e che i comunisti russi dovevano guardarsi
dal favorire o imporre l'imitazione della linea russa. Anche Stalin si guardò
bene dall'imporre ad altri partiti la linea seguita dal partito sovietico. Non
a caso i partiti della prima IC di fatto seguirono linee molto diverse tra
loro. Semmai bisogna rilevare che nella prima IC vi furono constanti incertezze
quanto alla strategia generale da seguire, come ho mostrato nell'articolo L'attività
della prima Internazionale Comunista in Europa e il maoismo pubblicato nel
n. 10 di La Voce. La strategia della GPR di LD venne praticata
consapevolmente dal Partito comunista cinese, ma non venne né indicata né
studiata come possibile strategia universale. Solo a partire dal 1968 il
PCC sostenne che il pensiero di Mao aveva anche un valore universale, ma non
indicò mai in un testo esaustivo quali erano i principali nuovi apporti di Mao
al pensiero comunista. Niente di più facile quindi per dei dogmatici e dei
demagoghi sostenere che in tutti i paesi la GPR di LD deve seguire le stesse
leggi enunciate da Mao Tse-tung per la Cina. Cosa che ovviamente avvalora e
facilita quelli che sostengono che la rivoluzione socialista nei paesi
imperialisti segue altre leggi, diverse da quelle della GPR di LD. Esistono
anche personaggi che non si preoccupano di tracciare una linea specifica per il
proprio paese, raccattano qua e là, da veri movimentisti quali sono, qualche
pratica corrente e, ora che è di moda, demagogicamente declamano la GPR di LD
per darsi lustro e presentarsi come grandi rivoluzionari sulla scena
internazionale, nei convegni e nelle associazioni internazionali, nei messaggi
e nei comunicati diramati verso l'estero. Sono come quelli (Togliatti, Thorez,
ecc.) che nel vecchio movimento comunista fino al 1956 declamavano Stalin e
l'URSS, mentre nella pratica del loro paese seguivano linee che poco o nulla avevano
a che fare con gli insegnamenti universali di Stalin e dell'URSS.
È
importante distinguere nettamente le leggi universali della GPR di LD dalle
leggi particolari, proprie di un paese o di un gruppo di paesi. Solo così
condurremo con successo la lotta ideologica perché tutti i partiti comunisti
adottino la GPR di LD come via della rivoluzione proletaria ed estenderemo la
sua applicazione pratica e quindi la rinascita del movimento comunista ad essa
collegata. È ad esempio evidente che i contadini non svolgono nella GPR di LD
dei paesi imperialisti (dove sono una piccola minoranza (dall'uno al tre %) dei
lavoratori, sono interamente dediti alla produzione mercantile e sono in larga
misura dominati dai monopoli industriali e commerciali e la città predomina
largamente sulla campagna) lo stesso ruolo che svolgono nella GPR di LD di
paesi semifeudali dove i contadini sono la larga maggioranza dei lavoratori e
sono in larga misura ancora dediti a una agricoltura di sussistenza e inseriti
in rapporti semifeudali e la campagna predomina o almeno è poco legata alla
città.
Sono
due i partiti che con maggior successo e su un periodo più lungo dirigono
attualmente nel loro paese una rivoluzione seguendo consapevolmente la
strategia della GPR di LD, il Partito comunista peruviano e il Partito
comunista nepalese (maoista). Essi sottolineano entrambi, come condizione
necessaria per lanciare e condurre con successo la GPR di LD, accanto
all'adozione del marxismo-leninismo-maoismo (cioè all'assimilazione delle leggi
universali della GPR di LD), l'elaborazione di una concezione e di una linea
basata sulle caratteristiche specifiche del paese (rispettivamente "il
pensiero di Gonzalo" e "la via di Prachanda"). A sua volta il
Partito comunista maoista della Turchia e del Kurdistan settentrionale, che ha
una ricca e lunga esperienza di GPR di LD, ha espresso molte giuste
considerazioni contro l'applicazione ai paesi imperialisti come leggi
universali di leggi della GPR di LD specifiche di paesi semi-feudali.
Ma,
proprio per la mancata distinzione tra leggi universali e leggi particolari
della GPR di LD, è arrivato a negare in blocco la validità della GPR di LD per
i paesi imperialisti (vedasi l'intervento inviato dal TKP(m) alla Conferenza
Internazionale di Palermo del 3-4 gennaio 03).
Il
Partito comunista rivoluzionario (USA) e il Comitato del Movimento
rivoluzionario internazionalista (MRI) in sostanza negano (come altri partiti e
organizzazioni comunisti che hanno partecipato alla Conferenza Internazionale
sulla GPR del 1998) che la GPR di LD sia una strategia valida anche per i paesi
imperialisti anch'essi proprio perché presentano le leggi specifiche di paesi
semifeudali e semicoloniali come leggi universali della GPR di LD (vedasi in
proposito l'articolo On the Strugge to Unite the Genuine Communist Forces in
A World to Win n. 30/gennaio 2004). Il Movimento popolare Perù
(MPP) - Sol Rojo al contrario ha fatto, soprattutto recentemente, nella
lotta che conduce per l'adozione della GPR di LD come strategia universale, un
serio sforzo per distinguere leggi universali e leggi particolari (vedasi
l'intervento presentato dal MPP alla Conferenza Internazionale di Parigi del
27-28 marzo 04).
Come
fare per distinguere le leggi universali della GPR di LD?
Il
marxismo-leninismo-maoismo è una scienza, non una dottrina esoterica, un
indovinello o altro del genere. Si tratta quindi di prendere in esame
l'esperienza delle rivoluzioni proletarie e di elaborarla per scoprire le leggi
che il loro svolgimento ha seguito. Più precisamente: lo sviluppo di un
fenomeno avviene secondo le sue proprie leggi anche se gli uomini le ignorano.
La legge della gravitazione universale (l'attrazione che ogni massa esercita su
ogni altra) era seguita da tutte le masse anche quando gli uomini non l'avevano
ancora individuata. Quando i costruttori non collocavano il baricentro di un
edificio secondo criteri che solo posteriormente si sono capiti, l'edificio
crollava. Dopo che Newton (1642 - 1727) la individuò ed essa venne via via
assimilata da scienziati, da studiosi e via via da "tutti", fu
possibile vedere che effettivamente fenomeni che fino allora erano
inspiegabili, o erano sembrati casuali o strani, in realtà alla luce della
nuova legge diventavano comprensibili. Fu anche possibile condurre con molta
più facilità e regolarmente operazioni che prima riuscivano alcune volte sì e
altre no, risultavano difficili e dall'esito incerto. Fu possibile fare cose
che prima non si era mai riusciti a fare. Analogamente se è vero che la GPR di
LD è la forma universale delle rivoluzioni proletarie, ciò vuol dire che ogni
rivoluzione proletaria finora avvenuta si è svolta secondo le sue leggi
universali, anche se i suoi protagonisti non le conoscevano ancora. Se esse
hanno avuto successo, lo hanno avuto perché i loro protagonisti hanno
rispettato quelle leggi universali, sia pure alla cieca, istintivamente, senza
saperlo, per tentativi. Se sono fallite, lo sono perché i loro protagonisti,
nonostante la loro buona volontà e il loro slancio ed eroismo, si sono ostinati
a lavorare in contrasto con quelle leggi che non conoscevano.
L'andamento
delle concrete rivoluzioni proletarie non può insomma contrastare quelle leggi,
perché altrimenti non sarebbero universali. D'altra parte la comprensione di
quelle leggi universali pone nelle mani di noi comunisti un'arma formidabile
per svolgere il nostro ruolo e condurre con successo la rivoluzione. Vale
quindi la pena di cercare di individuare quelle leggi.
Anche
nel nostro paese la questione è di attualità. È una questione che chiunque
vuole lavorare con cognizione di causa a fare dell'Italia un nuovo paese
socialista deve per forza affrontare. Gli articoli comparsi su La Voce n.
14 (Lotta politica rivoluzionaria e lotte rivendicative, pag.
49 e segg. di Nicola P.), n. 15 (Politica rivoluzionaria pag. 60 e segg.
di Ernesto V.) e n. 16 (Sul secondo fronte della politica rivoluzionaria pag.
36 e segg. di Rosa L.) affrontano molti problemi a proposito della GPR di LD.
Essi e quelli precedentemente citati sono il contributo della CP alla lotta
ideologica in corso nel movimento comunista italiano e internazionale (anche se
i testi non sono ancora stati tradotti e diffusi all'estero, salvo quello di La
Voce n. 12). Nel nostro paese altri organismi si sono già espressi a
proposito della GPR di LD.
Va
detto che in linea di massima i revisionisti-opportunisti di destra non
affrontano la discussione sulla forma della rivoluzione socialista. Non è nel
loro interesse né rientra nella loro mentalità. Anche quelli personalmente
onesti, sono empiristi, procedono a vista, per forza d'abitudine, sulle vie
tracciate dalla società borghese, non elaborano una scienza della rivoluzione.
Se si dedicassero alla scienza della rivoluzione, non sarebbero opportunisti.
Si accontentano, al modo degli empiristi, di addurre questo o quel fatto o
avvenimento a sostegno delle loro tesi opportuniste. Ciò vale per quelli
italiani come per quelli degli altri paesi. Rappresentanti dei dogmatici
dell'insurrezione in Italia sono i redattori di Teoria & Prassi. Nel
n. 10 (gennaio 04) della loro rivista essi hanno pubblicato una argomentata
critica della tesi che la GPR di LD è la strategia universale per la
rivoluzione socialista. Ma tutti i loro argomenti validi si riducono alla tesi
che non è possibile seguire nei paesi imperialisti le leggi particolari
specifiche della Cina (ruolo principale dei contadini, accerchiamento delle
città a partire dalle campagne, creazione di aree liberate già nella fase della
difensiva strategica, ecc.). Quanto agli argomenti non validi, essi sono vari. Uno
è quello secondo cui "la lotta armata è la forma fondamentale di lotta
nella GPP" (pag. 42 colonna 2).
Ovviamente
non è vero. Essi stessi (pag. 35 col. 2) affermano che "un chiaro e
comprensibile programma politico è dunque per Mao l'aspetto fondamentale della
GPP". E affermano perfino (pag. 36 col. 2) che secondo Mao solo
"nella Cina semi-feudale e semicoloniale - e per riprodurre fedelmente il
pensiero di Mao e la realtà andava aggiunto anche: dominata da potenze
imperialiste in lotta tra loro (nda) - fin dall'inizio la lotta armata è
la principale forma di lotta e l'esercito la principale forma di organizzazione
delle masse". Un altro argomento falso è che la strategia della GPR di LD
comporta la tesi enunciata da Lin Piao (Viva la vittoria della guerra
popolare! 3 settembre 1965) secondo cui sarà la vittoria delle rivoluzioni
di nuova democrazia nei paesi oppressi a determinare le rivoluzioni socialiste
nei paesi imperialisti. Un altro ancora è quello che l'adozione della strategia
della GPR di LD è legata alla tesi che "la contraddizione principale della
nostra epoca è quella che oppone l'imperialismo ai popoli e alle nazioni
oppresse anziché quella tra il proletariato e la borghesia".
A
parte i loro argomenti validi e i loro argomenti non validi, quello che i
dogmatici dell'insurrezione non dicono è: che lezioni bisogna tirare dalle
vittorie e dalle sconfitte delle rivoluzioni nei singoli paesi durante la prima
ondata della rivoluzione proletaria? In particolare qual è il motivo per cui i
partiti della prima Internazionale Comunista non sono riusciti a instaurare il
socialismo in alcun paese imperialista (salvo che nell'anello debole della
catena imperialista, la Russia, dove la linea seguita dal partito per
accumulare forze rivoluzionarie fu comunque diversa da quella che essi
propongono)? Perché ritengono che possa portare alla vittoria nel futuro una
linea che non ha mai portato alla vittoria nel passato?
Fautori
della GPR di LD si proclama invece in Italia, oltre a noi, anche il gruppo di
Rossoperaio. Solo la lotta ideologica in corso dirà tuttavia se Rossoperaio è
diretto da dogmatici che non distinguono tra universale e particolare o da
personaggi che demagogicamente proclamano a vuoto la concezione dogmatica della
GPR di LD per darsi lustro e presentarsi come grandi rivoluzionari sulla scena
internazionale, nei convegni e nelle associazioni internazionali, nei messaggi
e nei comunicati, mentre nella pratica seguono una linea economicista e
anarco-sindacalista secondo cui "solo la lotta sindacale è una lotta
concreta". L'alone di mistero e di ambiguità in cui avvolgono le loro
posizioni, il fatto che scrivono una cosa nella stampa destinata al pubblico
italiano e un'altra in quella destinata ai partiti e alle organizzazioni del
Movimento rivoluzionario internazionalista (di cui RO fa parte dalla fondazione
nel 1984), le posizioni contrastanti che prendono nel corso del tempo (ad
esempio sull'apprezzamento della lotta armata in Europa espresso da Gonzalo
nella sua Intervista del 1988, sulla Lotta Armata degli anni '70 in Italia)
senza spiegare con l'autocritica il cambiamento di posizione, la
giustapposizione della declamazione della strategia della GPR di LD a una
pratica economicista, la proclamazione appena due anni fa della teoria della
"sostituzione a tempo determinato" della classe operaia da parte di
forze di altre classi come protagoniste della rivoluzione e della
"stabilità dei regimi politici dei paesi imperialisti" in contrasto
con la tesi della "situazione rivoluzionaria in sviluppo", il rifiuto
sistematico di esporre la loro concezione del mondo, la loro linea generale e
le loro tesi programmatiche e di difenderle in una lotta ideologica con le
altre FSRS, il carattere demagogico delle polemiche che conducono, il fatto che
non hanno mai sviluppato né una propaganda delle leggi universali della GPR di
LD e tanto meno una teoria specifica al nostro paese (il corrispondente del
"pensiero di Gonzalo" e della "via di Prachanda") che
supporti le loro declamazioni sulla GPR di LD, l'uso delle relazioni
internazionali per accreditarsi in Italia come "partito
rivoluzionario" e di invenzioni sul ruolo che RO svolgerebbe
in Italia per accreditarsi come partito rivoluzionario a livello
internazionale:(2) questi nove elementi e altri connotano un comportamento
opportunista e demagogico. Ovviamente non le dichiarazioni, le grida
d'indignazione, la faccia dell'offeso, né le investiture dall'estero ma solo lo
sviluppo concreto della lotta ideologica e della pratica rivoluzionaria diranno
quale sarà il ruolo effettivo di Rossoperaio nella rinascita del movimento
comunista nel nostro paese.
La
tesi che la strategia della GPR
di LD è la strategia universale della
rivoluzione proletaria (per i paesi imperialisti e per i paesi oppressi) è confermata
dall'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria sia dove essa è
stata assunta consapevolmente come strategia, sia dove essa non è stata assunta
consapevolmente come strategia; sia nelle rivoluzioni vittoriose, sia nelle
rivoluzioni sconfitte. Chi ripercorre la storia della prima ondata della
rivoluzione proletaria alla luce della concezione della GPR di LD lo può constatare.
La
storia delle lotte dei partiti della prima IC nei paesi imperialisti, dalla
loro fondazione fino alla fine degli anni '40, quando hanno agito nel contesto
della prima crisi generale del capitalismo e della connessa situazione
rivoluzionaria in sviluppo, mostra con singolare uniformità lo stesso
andamento. 1. Nonostante l'incertezza dell'orientamento strategico,
questi partiti hanno in generale nella pratica condotto la prima fase della GPR di LD, quella dell'accumulazione delle forze
rivoluzionarie, con risultati tanto buoni che quasi in ogni paese la borghesia
a causa di essa scatenò o minacciò di scatenare la guerra civile. 2.
Essi in generale di fronte alla minaccia di guerra civile arretrarono, perché
erano ideologicamente e politicamente impreparati a raccogliere la sfida della
borghesia che per contrasto avrebbe mobilitato contro la borghesia ampie masse
popolari sul terreno della guerra civile: avrebbe cioè prodotto il salto di
qualità che l'accumulazione delle forze rivoluzionarie deve portare e che
quelli che rifiutano la strategia della GPR di LD affidano o
all'esplosione del malcontento delle masse (gli attendisti) o all'efficacia
dell'esempio e delle dimostrazioni (i militaristi) o a colpi di mano (Neuberg
& C). 3. Dove prima o poi, per un motivo o l'altro quei partiti
scesero sul terreno della guerra civile che la situazione comportava (Spagna,
Francia, Belgio, Italia), essi nonostante il loro incerto orientamento
strategico mobilitarono ampie masse popolari sotto la loro direzione fino a
realizzare, per quanto possibile a chi agisce senza cognizione di causa, le
condizioni dell'equilibrio strategico (seconda fase della GPR di LD). 4. Essi, proprio per l'errato orientamento strategico,
in nessuno dei casi condussero la guerra civile con la concezione della GPR di LD e quindi non arrivarono mai alla terza
fase, quella dell'offensiva strategica. 5. Ogni volta che i partiti si
opposero al corso delle cose, cercarono di imprimere ad esso un andamento in
contrasto con le leggi della GPR
di LD, anche il lavoro già fatto andò in
fumo.
Da
questa esperienza si vede quindi che la pratica spingeva verso la GPR di LD. La stessa lezione viene dall'esperienza sovietica: la fase
dell'accumulazione delle forze rivoluzionarie (condotta dal partito
clandestino, in condizioni quindi di un sistema di potere indipendente e in
contrasto col potere zarista) sfociò nel 1917 nella seconda fase (quella
dell'equilibrio strategico, del "doppio potere") che a sua volta
dette luogo alla fase dell'offensiva strategica. Lenin non elaborò la strategia
della GPR di LD, ma la sua costante lotta per una concezione dialettica della
realtà (quella che i borghesi chiamano abilità politica e pragmatismo,
espressioni che mal si conciliano con l'accusa di fanatismo e dogmatismo di cui
pure lo gratificano) fu una lotta perché il partito aderisse nella sua
direzione delle masse alle leggi che la realtà della rivoluzione seguiva nel
suo corso.
Una
conferma particolarmente significativa della nostra tesi è stata data dal
Partito comunista spagnolo (ricostituito) (PCE(r)) nell'opuscolo Aproximacion
a la historia del PCE (settembre 1997) tradotto in italiano dalle Edizioni
Rapporti Sociali col titolo La guerra di Spagna, il PCE e l'Internazionale Comunista. Benché il PCE(r) si dichiari antimaoista
(ma stalinista!), in quell'opuscolo gli autori arrivano alla conclusione che la
sconfitta nella Guerra di Spagna (1936-1939) fu dovuta sostanzialmente al fatto
che il PCE diresse la guerra senza adottare la strategia della GPR di LD.
L'esperienza pratica di grandi paesi durante la prima ondata della rivoluzione
proletaria mostra quindi che la strategia della GPR di LD è la strategia della
rivoluzione socialista anche nei paesi imperialisti.
Se
poi consideriamo il corso della rivoluzione proletaria a livello mondiale, la
conferma è particolarmente chiara. L'accumulazione delle forze rivoluzionarie
furono il merito storico della Seconda Internazionale, come ripetutamente
sostennero Lenin e Stalin facendo il bilancio del movimento comunista. Nel 1917
con la Rivoluzione d'Ottobre entriamo nella fase dell'equilibrio strategico: da
allora la rivoluzione proletaria ebbe proprie zone liberate o basi rosse
(l'URSS e i paesi socialisti) e proprie forze armate che contesero il terreno
alle forze della controrivoluzione. Il mancato passaggio alla fase
dell'offensiva strategica fece retrocedere la rivoluzione proletaria mondiale
dalle posizioni già conquistate, come in una gravidanza giunta a maturazione
quando per qualche motivo non subentra il parto.
Quali
sono allora le leggi universali della GPR di LD che l'esperienza della prima
ondata della rivoluzione proletaria mette in luce? A mio parere esse, o almeno
le principali di esse sono le seguenti:
1. Sono le masse
popolari mobilitate dalla classe operaia guidata dal suo partito comunista che
costruiscono il sistema del nuovo potere (in altre parole per i paesi
imperialisti instaurano il socialismo, instaurano la dittatura del
proletariato) ed eliminano l'attuale.
2. L'instaurazione
del nuovo potere in tutto il paese non avviene in un colpo solo, ma è il
risultato e la conclusione vittoriosa di una guerra civile.
3. In ogni paese
la GPR di LD passa attraverso tre fasi: difensiva strategica (accumulazione
delle forze rivoluzionarie), equilibrio strategico (due forze armate che si
contendono il terreno), offensiva strategica (annientamento delle forze
borghesi).
4. La GPR di LD
si sviluppa grazie alla situazione rivoluzionaria in sviluppo (nel nostro caso
sarà il rovesciamento della guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia
imperialista conduce a causa della seconda crisi generale del capitalismo).
5. La GPR di LD
si sviluppa secondo una combinazione di leggi universali e di leggi particolari
che bisogna entrambe sfruttare ai fini della vittoria.
6. Fattori
internazionali e fattori nazionali condizionano lo sviluppo della GPR di LD in
ogni singolo paese.
7. La GPR di LD
si sviluppa da una fase alla successiva, ma a seguito di sconfitte essa può
anche retrocedere alla fase precedente.
In
conclusione, per condurre vittoriosamente la GPR di LD il partito deve studiare
le Opere di Mao, lo scopritore della concezione della GPR di LD e l'esperienza
dei singoli paesi per ricavare le leggi universali della GPR di LD e applicarle
al nostro paese tramite l'inchiesta sulle concrete condizioni economiche,
politiche e culturali, la pratica, il bilancio dell'esperienza e l'elaborazione
delle leggi specifiche del nostro paese.
Per
quanto riguarda il nostro paese, occorre infatti riconoscere e tener conto
delle condizioni specifiche in cui conduciamo la GPR di LD. La concezione della
GPR di LD specificata per la sua applicazione nel nostro paese, seguirà la strada
dell'accumulazione delle forze rivoluzionarie tramite la costituzione e la
resistenza del partito clandestino e la sua direzione sulle masse popolari ad
aggregarsi in organizzazioni di massa di ogni genere necessarie per soddisfare
i propri bisogni materiali e spirituali, a partecipare alla lotta politica
borghese onde sovvertirne l'andamento e a condurre le lotte rivendicative, fino
all'inizio della guerra civile. Questo è nel nostro paese il corrispondente di
quello che è "l'accerchiamento delle città da parte delle campagne"
in paesi semifeudali. È impossibile nei paesi imperialisti accerchiare le città
dalle campagne, ma è del tutto possibile, e la pratica lo ha mostrato, definire
lo specifico sviluppo quantitativo che costituisce la prima fase della GPR di
LD e attraverso il quale si va verso la sua seconda fase. Con la guerra civile
generata da quello sviluppo quantitativo, inizierà la seconda fase della GPR di
LD. L'inizio della guerra civile sarà segnata dalla costituzione delle Forze
Armate Popolari che a partire da quel momento contenderanno il terreno alle
forze armate della reazione.
In
particolare, la GPR di LD non incomincia quindi con la lotta armata, ma con la
costruzione del partito comunista clandestino. Questa oggi avviene tramite la realizzazione
del piano in due punti predisposto dalla CP e in via di attuazione. Non avviene
quindi tramite la propaganda armata, come si proposero di fare le Brigate Rosse
nelle condizioni specifiche degli anni '70, quando la deriva revisionista non
era ancora stata smascherata dal corso pratico degli avvenimenti, il prestigio
e la forza del vecchio movimento comunista erano ancora alti ed esisteva ancora
il campo socialista costruito durante la prima ondata della rivoluzione
proletaria. La costruzione del partito va concepita e guidata come primo passo
della GPR di LD. Il nuovo potere nel nostro paese incomincia con l'esistenza
del partito clandestino. La sua esistenza è esistenza del potere rosso,
alternativo al potere borghese. Il partito clandestino non è il partito più di
sinistra dell'insieme dei partiti della repubblica borghese-vaticana. È il
nucleo del nuovo potere. Il partito clandestino non dipende dal potere
borghese, ma esiste in contrapposizione ad esso. Nonostante tutti gli sforzi
che la borghesia compie per ostacolarlo, isolarlo dalle masse, distruggerlo, il
partito è capace di esistere e svolgere la sua attività (di reclutamento,
elaborazione, formazione, orientamento, aggregazione, propaganda, mobilitazione
e direzione) tramite la sua rete organizzativa e il suo sistema di relazioni,
di contatti e di influenze. Quindi esso non dipende, per svolgere la sua
attività, da persone che la borghesia conosce, controlla e può quindi
infiltrare, corrompere, minacciare, ricattare, arrestare, uccidere; da canali
di finanziamento che la borghesia conosce, controlla e quindi può interrompere;
da sedi pubbliche che la borghesia può occupare, perquisire, saccheggiare,
devastare, chiudere. Insomma è un partito che esiste e opera come il partito di
Lenin nell'impero zarista fino al 1917,(3) come i partiti della prima
Internazionale Comunista dei paesi imperialisti quali l'Italia (1926-1945), la
Germania (1933-1945), la Spagna (1939-1956), la Francia (1940-1945), gran parte
dei paesi dell'Europa Orientale degli anni '20, '30 e '40. Quelli che dicono
che un partito clandestino è per sua natura staccato dalle masse popolari, che
ci mostrino che i partiti che ho appena nominato nei periodi indicati erano
staccati dalle masse.
È
possibile anche ora creare un simile partito? È possibile che un simile partito
nasca e operi? Queste domande tradotte nel concreto vogliono dire: troverà un
partito comunista clandestino tra le masse popolari e in particolare tra la
classe operaia l'alimento (in persone da reclutare, in collaborazioni, in
denaro, in legami, in influenze) di cui ha bisogno per esistere, resistere ai
colpi della borghesia e dei suoi apparati di controrivoluzione ed espandere la
sua attività? Le esperienze storiche sopra citate rispondono positivamente a
questa domanda. Ma, soprattutto, ciò è assicurato proprio dalla esistenza di
una situazione rivoluzionaria in sviluppo, di una guerra non dichiarata di
sterminio che la borghesia conduce contro le masse popolari anche nel nostro
paese. Lo scontro tra il partito e il sistema della controrivoluzione (che non
è costituito solo dagli organi, statali e no, della repressione, ma da tutto
l'insieme di iniziative e di misure con cui la borghesia cerca di ostacolare,
isolare dalle masse e distruggere il partito e il suo sistema di relazioni,
contatti e influenze) è il nucleo politico della guerra non dichiarata di
sterminio, è quella piccola parte di essa in cui il nuovo potere si oppone e fa
fronte con iniziativa alla borghesia. Il suo sviluppo quantitativo (cioè la
crescita del partito e la crescita dell'aggregazione sotto la sua direzione
delle multiformi organizzazioni delle masse popolari) determinerà, giunto ad un
certo punto, il passaggio alla seconda fase della GPR di LD, alla guerra
civile, alla lotta armata.
Noi
comunisti non amiamo la guerra. La guerra è un mostro terribile, che porta
distruzione e sangue. Noi siamo contrari alla guerra e siamo sicuri che gli
uomini ora, a differenza che nel lontano passato, non hanno più bisogno di
guerre per vivere e svilupparsi come non hanno più bisogno di divisioni in
classi sociali, che esse attualmente sono generate solo dagli interessi della
borghesia e dal suo ordinamento sociale, che in un avvenire non lontano gli
uomini metteranno anche la guerra nei musei delle antichità. Ma non temiamo le
guerre. Siamo decisi a impedire che le masse popolari subiscano passivamente le
angherie, i soprusi, le mutilazioni, le ecatombi e le guerre che l'ordinamento
sociale attuale impone. Solo cambiando l'ordinamento della società porremo veramente
fine alle guerre. La borghesia ci ha dato ripetute e sanguinose lezioni che
essa non lascerà il potere senza guerra civile. Quindi noi comunisti dobbiamo
essere fin d'ora decisi a non cedere alla borghesia perché minaccia la guerra
civile, ma preoccuparci di arrivare alla guerra civile nelle condizioni per noi
più favorevoli. La nostra responsabilità verso le masse popolari ci impone di
costruire il sistema del nuovo potere in vista di affrontare vittoriosamente la
guerra civile. Essa inizierà inevitabilmente, anche questo l'esperienza ce lo
ha ripetutamente insegnato, quando l'accumulazione delle forze rivoluzionarie e
l'instaurazione del nuovo potere avrà raggiunto un certo livello. Non possiamo
evitarla. Quello che possiamo e dobbiamo fare è arrivarci nelle condizioni più
favorevoli alla vittoria delle masse popolari. Con l'inizio della guerra
civile, inizierà la seconda fase della GPR di LD in cui le forze armate
popolari contenderanno il terreno alle forze armate della borghesia
imperialista, esisteranno territori liberati, ecc.
L'esperienza ha già mostrato quale
deve essere l'azione di aggregazione e mobilitazione delle masse popolari
compiuta dal partito nella prima fase della GPR di LD nel nostro paese.
Ovviamente il partito deve essere pronto e capace di cambiare tattica, se ci
fossero radicali e repentini rivolgimenti della situazione, che cambiassero lo
stato e l'atteggiamento delle masse popolari. In mancanza di ciò, l'azione del
partito durante questa fase si svolge sostanzialmente su tre terreni:
1. La mobilitazione delle masse popolari a
partecipare al sistema della politica borghese. L'ostilità di principio
dichiarata dai dogmatici dell'insurrezione (Teoria & Prassi) e da
Rossoperaio all'uso rivoluzionario delle elezioni, del Parlamento, delle
assemblee elettive e degli altri strumenti della politica borghese prescinde da
un aspetto specifico di quasi tutti i paesi imperialisti e anche del nostro
paese. Proprio la partecipazione (ovviamente in un certo modo e in un certo
contesto) delle masse popolari alla politica borghese è stata più volte e in
più paesi imperialisti (in Italia, in Germania, in Francia, in Spagna, in
Inghilterra: per nominare solo i maggiori) durante la prima ondata della
rivoluzione proletaria la causa diretta e immediata dell'inizio o della
minaccia della guerra civile. La partecipazione delle masse popolari dirette
dal partito comunista divideva la borghesia e rendeva impossibile la vita
politica borghese. L'aumento delle astensioni verificatosi in questi ultimi
anni è lungi dal cancellare questo aspetto. Esso denota la delusione popolare
di fronte ai partiti borghesi, è un aspetto della crisi politica del regime
borghese. Ma non pone le premesse di una soluzione rivoluzionaria della crisi
politica del regime. È un fenomeno precario, su cui può agire sia la
mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, sia la mobilitazione
reazionaria delle masse popolari. Il rifiuto di dirigere le masse popolari a
partecipare nell'interesse della rivoluzione socialista al sistema della politica
borghese da parte dei dogmatici dell'insurrezione e di Rossoperaio non nasce
dalla esistenza di una mobilitazione delle masse popolari nella guerra
rivoluzionaria che oramai sarebbe andata oltre il sistema dell'attività
politica borghese e che sarebbe danneggiata dalla partecipazione all'attività
politica borghese. In tali condizioni le elezioni sarebbero una mossa
controrivoluzionaria e il loro boicottaggio una cosa seria. Oggi quel rifiuto
nasce dalla sfiducia che il partito comunista possa oggi essere capace di far
valere anche su questo terreno la sua direzione sulle masse popolari e di
dirigere questa partecipazione in modo che sia fattore di accumulazione delle
forze rivoluzionarie e non tramite di corruzione e di disgregazione di esse. È
la stessa sfiducia che impedisce di concepire una linea che abbia come
obiettivo la conquista della direzione dei grandi sindacati a cui milioni di
lavoratori si iscrivono per loro decisione e a cui pagano una quota.(4)
Tutti
gli argomenti avanzati dagli oppositori alla partecipazione al sistema della
politica borghese si riducono alla tesi che "non esiste alcuna
garanzia" che tale partecipazione non corrompa il partito e le forze che
esso mobilita. Ma questi signori dimenticano che non esiste alcuna garanzia
contro l'influenza della borghesia nelle nostre fila, al di fuori della
concezione e della linea rivoluzionari del partito e della lotta inflessibile e
adeguata per difenderle contro l'influenza della borghesia. Far credere in una
garanzia diversa, vuol dire illudere e disarmare il partito. Il rifiuto della
partecipazione al sistema della politica borghese è solo una pseudo-garanzia -
come lo è ogni proclamata garanzia al di fuori di quella sopra indicata.
L'amara esperienza degli anni '70 e '80, nonché quella della Resistenza hanno
mostrato che neanche impugnare le armi è una garanzia. Abbiamo visto
combattenti diventare collaboratori di polizia: da Pecchioli a Franceschini.
Ogni pseudo-garanzia genera una falso senso di sicurezza e mancanza di
vigilanza che favoriscono l'aggressione. Tutte le obiezioni avanzate contro la
partecipazione al sistema della politica borghese non a caso possono essere
estese pari pari anche alla partecipazione all'attività sindacale, all'attività
culturale, ecc. in particolare nei paesi imperialisti. Anche questo fa meglio
risaltare che si tratta di obiezioni di compagni che non hanno fiducia nelle
capacità rivoluzionarie delle masse popolari, della classe operaia, del
partito. Sono obiezioni di compagni che hanno fiducia solo nelle loro
conventicole di illuminati, al modo dei bordighisti di triste memoria.
2.
La mobilitazione delle masse popolari nelle lotte rivendicative e
nella difesa senza riserve delle conquiste.
3.
La mobilitazione delle masse popolari a costruire gli strumenti
necessari a soddisfare i propri bisogni materiali e spirituali. Questo terzo
terreno non compare negli articoli dei compagni Ernesto V. e Rosa L.
(rispettivamente in La Voce n. 15 e 16). A
me pare che invece esso vada considerato a sé, vista la ricca esperienza
di autorganizzazione (dalle cooperative, ai centri sociali, alle case del
popolo, alle associazioni sportive e culturali, ecc.) che le masse popolari
hanno sviluppato nel nostro paese.
Per
gli altri due terreni i loro articoli e quello di Nicola P. in La Voce n. 14 dicono tutto quello che oggi si può dire in proposito, con
riguardo allo sviluppo della GPR di LD.
La
resistenza del partito clandestino alla repressione e lo sviluppo della sua
azione sui tre terreni sopra indicati: ecco cosa vuole dire nello specifico del
nostro paese, nella prima fase della GPR di LD, "instaurare il potere
rosso" ed è l'equivalente della "creazione di basi rosse' in altri
paesi. Non è possibile in un paese imperialista instaurare fin dall'inizio
"basi rosse", ma l'esperienza ha già dimostrato che è possibile
costruire il sistema del "potere rosso" che ho indicato. Si tratta di
quattro fronti di lotta che hanno il loro asse centrale e insostituibile nel
primo.
Certamente
non mancano e non mancheranno compagni e avversari che ci accuseranno di
"attendismo": rinunciare oggi e nell'immediato a un lavoro
rivoluzionario in attesa di condizioni che gli eventi "in un modo o
nell'altro" creeranno domani; tenere ferme forze rivoluzionarie già pronte
alla lotta in attesa di condizioni che oggi non ci sono. In realtà nella linea
che l'esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha messo in
luce non vi è nessun attendismo. Vi è al contrario la definizione di un
processo di crescita quantitativa in cui sono impegnate tutte le forze
rivoluzionarie che via vi si formano, in un lavoro che le forma e le tempra ad
essere agenti della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari. Un
processo di crescita quantitativa che giunto ad un certo livello, di per sé
determina il passaggio alla fase successiva, il salto di qualità: pena il
regresso e la disgregazione se il partito vi si oppone. Come una gravidanza
giunta al momento del parto che viene impedito. Cioè tutto il contrario che
stare ad aspettare gli eventi, tener ferme e inoperose delle forze disposte a
lottare, aspettare che altri ci tolgano le castagne dal fuoco o sperare in dio.
Questa
è la via che ci insegnano la riflessione sulla situazione attuale e
l'esperienza del movimento comunista, da cui rifiutiamo di dissociarci se non a
ragion veduta. Questa è la via che seguiamo già oggi.
Umberto C.
Note
1.
Va tuttavia ricordato che nella edizione cinese delle opere scelte di
Mao Tse-tung viene fatto notare che non tutte le caratteristiche della GPR di
LD indicate da Mao valgono per le GPR di LD di altri paesi, in particolare
viene citato il Vietnam.
2. Il comportamento dei dirigenti di
Rossoperaio richiama alla mente quello di Prudhon. Questi, a detta di Marx, in
Francia era tollerato in quanto si riteneva che i tedeschi in Germania lo
apprezzassero come grande filosofo tedesco; in Germania era tollerato in quanto
si riteneva che in Francia fosse apprezzato come un grande economista. A
proposito di Rossoperaio, vedasi anche Rossoperaio - Un brutto inizio in La Voce n. 7- marzo 2001 e il Supplemento a La Voce n. 7 che viene ripubblicato in questo
numero della rivista.
3.
Negli anni tra il 1907 e il 1917 Lenin si oppose con determinazione a tutti
i tentativi dei menscevichi di porre la legalizzazione del partito come
rivendicazione politica e la costruzione di un partito legale come un
obiettivo. Un partito che avesse accettato di esistere come partito legale, in
conformità con le leggi dello Stato zarista, non sarebbe più stato il centro
del nuovo potere.
4.
È significativo della natura di Rossoperaio, il fatto che esso fa gran
propaganda della attività del PCN(m) e declama contro la partecipazione alle
elezioni nel nostro paese. Ma non ha mai sentito la necessità di esaminare
pubblicamente il fatto che il Partito comunista nepalese (maoista) è ricorso,
come lo fece a suo tempo anche il partito di Lenin, sia alla partecipazione
alle elezioni (nel 1991) sia al boicottaggio delle elezioni (nel 1994), prima
di dare inizio nel 1996 alla guerra civile (vedasi The worker, organo del Partito comunista nepalese
(maoista) n. 9, febbraio 2004, pag. 65 e 66)
MANCHETTE
Il partito clandestino è il partito comunista
libero dal controllo della borghesia è la base organizzativa della autonomia
politica ed ideologica della classe operaia dalla borghesia. Partito
clandestino significa partito libero dal controllo della borghesia.
Il nuovo partito comunista è clandestino,
ma non è segreto per le masse popolari.
È la borghesia che ostacola in ogni
modo la diffusione degli obiettivi e del programma del partito, che cerca di
creare nella massa della popolazione
confusione e terrore. Il partito cerca di far conoscere con ogni mezzo la sua
esistenza, il suo programma, i suoi obiettivi strategici e tattici, generali e
particolari, le sue direttive e le sue parole d'ordine. Il partito chiede a
ogni lavoratore, a ogni casalinga, a ogni pensionato, a ogni giovane di collaborare
facendo conoscere la concezione e gli obiettivi del partito. Il partito cerca
di orientare con le sue parole d'ordine le masse a far fronte alla situazione e
di dirigerle verso la conquista del potere, facendo di ogni lotta particolare
una scuola di comunismo. Il partito cerca dì essere vicino a ogni onesto
lavoratore, a ogni casalinga, a ogni pensionato, a ogni giovane. Il partito
mantiene invece nascosti alla borghesia imperialista e ai suoi servi la sua
composizione, le sue sedi, i mezzi e le risorse di cui dispone per condurre la
sua attività rivoluzionaria, le procedure secondo le quali funzionano le sue
organizzazioni.
La rivoluzione socialista in Europa per forza di cose
sarà l'esplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti.
Vi parteciperanno inevitabilmente anche esponenti della piccola borghesia e
lavoratori arretrati: senza una tale partecipazione non è possibile una lotta
di massa, non è possibile nessuna rivoluzione. È inevitabile che essi portino
nel movimento i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro
debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale.
L'avanguardia cosciente della rivoluzione, gli operai avanzati, forti di questa
verità oggettiva della lotta di massa varia e disparata, variopinta ed
esteriormente frazionata, riusciranno a unificarla e dirigerla a conquistare il
potere, a impadronirsi delle banche, a espropriare i capitalisti odiati da
tutti (benché per ragioni diverse!) e ad attuare altre misure dittatoriali che
condurranno in fin dei conti all'abbattimento della borghesia e alla vittoria
del socialismo, il quale si "epurerà" dalle scorie piccolo-borghesi
solo con il tempo necessario.
(Lenin, Risultati della discussione sull'autodeterminazione
nazionale, luglio
1916)